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CLIC – Cosa cercano i datori di lavoro? – 1ª parte

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Le ricerche scientifiche dimostrano che sono molti i fattori a contare per vincere la concorrenza durante i colloqui di lavoro. Qui parlerò del peso che i datori di lavoro danno all’istruzione del candidato.

Questo è il primo di una serie di articoli nella quale indagherò gli aspetti cruciali per la ricerca del lavoro, facendo riferimento a dati statistici e a ricerche pubblicate sulle maggiori riviste scientifiche nazionali e internazionali. Inizierò parlando del ruolo dell’istruzione nella ricerca di un posto di lavoro. O meglio, del peso che i datori di lavoro danno all’istruzione, quando devono valutare un candidato.

I dati nazionali sono unanimi nel dichiarare che all’aumentare del titolo di studio, aumenta la possibilità di avere un’occupazione. Secondo Almalaurea (dati 2013), ad esempio, i diplomati senza lavoro a cinque anni dal conseguimento del titolo di studio sono il 12% in più rispetto ai laureati. Secondo l’OCSE (dati 2011) l’80% dei laureati italiani ha un’occupazione, contro il 71% di quanti hanno solo il diploma di maturità e il 50% di quanti hanno il diploma di scuola secondaria di primo grado (scuola media). Questi dati parlano dell’importanza del titolo di studio nella prospettiva del singolo individuo che investe sulla propria istruzione per ottenere poi un lavoro. Ma la questione dell’istruzione può essere affrontata anche da un altro punto di vista: quello del datore di lavoro alla ricerca del candidato perfetto.

ImprendiNews – Dott.ssa Alessandra Minello – CLIC

Chi è alla ricerca di lavoro sa bene che, dopo mesi di estenuante invio di curriculum e di non risposte, arriva prima o poi il momento fatidico: il colloquio di lavoro per l’assunzione. Quando questo momento arriva, è bene essere coscienti che, tra gli aspetti considerati dai datori di lavoro, un forte peso viene dato all’istruzione del candidato. A studiare i meccanismi che stanno alla base delle scelte dei datori di lavoro, ci ha pensato Valentina Di Stasio, ricercatrice all’Università di Amsterdam che in un recente articolo, pubblicato nell’European Sociological Review1, ha analizzato il peso dell’istruzione nel processo di selezione del personale. L’autrice si è chiesta, usando un campione di dati italiani, quanto contino per i datori di lavoro in fase di reclutamento il livello di istruzione, l’interruzione dei cicli scolastici e il tempo impiegato per raggiungere un determinato livello scolastico.
Questo studio nasce dall’esigenza di un’analisi del contesto italiano, che è caratterizzato da uno scarso collegamento tra istruzione e mercato del lavoro, tanto che i datori di lavoro sono spesso portati a pensare che la maggior parte delle nozioni utili per lo svolgimento delle mansioni lavorative verranno apprese durante il periodo di lavoro stesso, attraverso, ad esempio, corsi di formazione.
La Di Stasio decide, quindi, di approfondire questa analisi in un campo che fa della formazione “in itinere” una sua bandiera: l’ICT, Information and Communication Technology. In questo ambito i cambiamenti sono talmente tanti e così veloci da prevedere necessariamente uno studio continuativo delle novità nel settore, non solo durante gli anni della scuola, ma anche, appunto, durante il lavoro.

Nell’analisi dei dati, viene valutato il legame tra alcune caratteristiche osservabili dei candidati, come ad esempio il livello di istruzione, i tempi e le interruzioni del percorso scolastico2 e la probabilità che i datori di lavoro li considerino per l’assunzione o che, pensino che una volta assunti, siano facili da formare.
Già in passato una ricerca sul caso italiano (Bernardi 20033) dimostrava che i datori di lavoro usano la velocità per il completamento degli studi e i voti ottenuti per valutare chi assumere. Questo legame tra efficienza scolastica ed assunzioni, veniva spiegato da Bernardi a fronte dell’alto grado di standardizzazione della scuola. Il sistema scolastico italiano è, infatti, altamente standardizzato, ovvero, prevede gli stessi standard di qualità delle scuole a livello nazionale. Ciò offre al datore di lavoro, uno strumento per individuare un futuro lavoratore che abbia un’alta capacità di apprendimento e volontà di dedicarsi alla formazione, una volta assunto.

ImprendiNews – Dott.ssa Alessandra Minello – CLIC

Anche i risultati della Di Stasio vanno in questa direzione. L’autrice ha analizzato i dati ottenuti grazie ad una simulazione del processo di assunzione, che coinvolgeva 59 datori di lavoro italiani nel settore ICT. Dalle analisi è emerso che i datori di lavoro tengono conto sia del livello di studio ottenuto, sia del tempo impiegato per ottenerlo, al fine di giudicare un candidato per l’assunzione. Conta anche il tipo di titolo di studio, ma questo è condizionato dal fatto che la ricerca viene fatta su un settore altamente specializzato. Gli episodi di internship, ovvero il fatto che il candidato abbia già collaborato, a diverso titolo con l’azienda, ad esempio attraverso uno stage, non sono giudicati rilevanti nella decisione di ritenerlo idoneo all’assunzione. Questo risultato, per nulla scontato, si spiega con il fatto che in Italia le varie forme di internship sono di durata variabile, non sempre estesa, perciò spesso non sufficienti per la valutazione del dipendente. Infine, un altro meccanismo molto interessante risiede nel fatto che gli elementi giudicati importanti per l’assunzione, sono gli stessi che vengono considerati importanti per capire se un nuovo dipendente sia percepito come adatto all’apprendimento delle nuove mansioni, una volta assunto. Questo studio, limitato ad un unico settore, dà spunti molto interessanti, e trova conferma, come la stessa autrice sostiene, in studi più generali (basati, ad esempio, sui dati Almalaurea) che comprovano l’importanza dell’istruzione del candidato per orientare le scelte dei datori di lavoro.

Come detto inizialmente, ci sono altri elementi che influiscono sulla scelta del candidato ideale. Nel prossimo articolo parlerò di un fattore che ha molto poco a che fare con l’istruzione, ma che sembra fondamentale in fase di decisione: la bellezza.

1Valentina Di Stasio, 2014, “Education as a Signal of Trainability: Results from a Vignette Study with Italian Employers”, European Sociological Review. 30(6): 796-809.

2L’analisi si basa su delle simulazioni, effettuate con il metodo delle vignette. Per maggiori dettagli, rimando al testo.

3Fabrizio Bernardi, 2003, “Returns to Educational Performance at entry into the Italian Labour Market”, European Sociological Review, 19: 25-40.

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About Author

Sono Research Fellow all’Istituto Universitario Europeo a Firenze, dove mi occupo di traiettorie di genere nell’istruzione e nel mercato del lavoro in Germania. Nel 2013 ho ottenuto il dottorato di ricerca in Sociologia e Ricerca Sociale all’università di Trento: nella tesi dottorale mi sono occupata delle aspettative di istruzione delle prime e seconde generazioni di stranieri in Italia. Durante il dottorato ho collaborato con il Dondena Centre for Research on Social Dynamics, all’Università Bocconi di Milano. Infine partecipo ad un progetto di demografia storica dell’Universitá di Padova sulla mortalità infantile nel Veneto dell’Ottocento. Sono appassionata di scrittura, fotografia e arte.

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