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Giulia Maria Dotti Sani, post-doctoral fellow al Collegio Carlo Alberto, Torino, colma un gap importante nella ricerca sociologica contemporanea, studiando l’effetto dell’arrivo di un figlio sul contributo delle madri alle entrate economiche della famiglia.

Nell’articolo pubblicato nella rivista scientifica European Sociological Review, Giulia Maria Dotti Sani risponde a due interrogativi di rilievo su un tema ancora inesplorato nella ricerca sociologica europea: l’effetto della nascita di un figlio sull’apporto di reddito ed entrate finanziarie delle madri alle risorse economiche della famiglia. Le due domande di ricerca a cui l’autrice risponde sono:

  1. La nascita di un figlio porta alla riduzione del contributo della donna alla famiglia in termini di reddito, in relazione al reddito del proprio partner?
  2. Possono le madri compensare la perdita di reddito con altre forme di entrata economica? In questa seconda domanda l’autrice vuole verificare l’apporto di benefit economici, garantiti dal sistema previdenziale nazionale nei primi anni di vita del bambino, nel colmare la riduzione del reddito femminile dovuta alla nascita di un figlio.

Rispondere a questi interrogativi diventa urgente, dal momento che poco ancora è conosciuto di ciò che accade, in termini di entrate economiche, all’interno dei nuclei familiari europei all’arrivo di un figlio. Ciò che è noto è, da una parte, che le madri europee guadagnano meno delle loro coetanee senza figli, mentre, al contrario, i padri europei hanno in media redditi superiori rispetto ai loro coetanei senza figli. Dall’altra, che, nonostante le differenze tra paesi in termini di struttura del mercato del lavoro, politiche familiari e modalità di welfare, le donne guadagnano meno rispetto ai loro partner. Le donne con figli hanno quindi un doppio svantaggio, sia nei confronti delle donne senza figli, sia nei confronti dei loro partner. Questo le rende particolarmente vulnerabili dal punto di vista economico, non solo in caso di dissoluzione del rapporto con il partner, ma anche nel caso il partner si trovi, anche solo momentaneamente, senza lavoro.

ImprendiNews – Dott.ssa Alessandra Minello – CLIC

Per le sue analisi Dotti Sani utilizza i dati EU-SILC (Statistics on Income and Living Conditions) che coprono gli anni tra il 2004 e il 2008. Per ogni nucleo familiare selezionato nel campione, vengono intervistati tutti i componenti e seguiti per un massimo di quattro anni. I dati provengono da: Italia, Austria, Belgio, Spagna, Irlanda, Lussemburgo, Portogallo e Svezia. Lo studio di dati provenienti da otto paesi europei permette l’analisi del fenomeno in contesti istituzionali diversi. In tutti i paesi considerati, le donne guadagnano meno del cinquanta per cento del totale del reddito familiare, e quelle con un bambino di età compresa tra 0-1 anni guadagnano relativamente meno rispetto alle donne in coppie senza figli. La grandezza della differenza, tuttavia, è soggetta a variazione a seconda dei paesi: nei paesi dell’Europa meridionale (Italia e Portogallo) e in Belgio, la differenza tra i due gruppi è ridotta, mentre in Lussemburgo, Austria, e Svezia è molto più grande.
Quando nelle analisi vengono considerati i benefit economici, garantiti dal sistema previdenziale nazionale, il contributo relativo della donna al reddito familiare diventa più alto, e la differenza media tra i due gruppi (con e senza figli) scompare. Il caso più emblematico è quello svedese in cui le differenze sono molto elevate se non si considerano i benefit, mentre scompaiono totalmente una volta che questi vengono inseriti nelle analisi. Ciò suggerisce che, in Svezia, ma anche in Lussemburgo e Austria, le entrate dovute a benefit familiari costituiscono una porzione delle entrate molto più ampia che in Italia e in Portogallo.

Dai risultati emerge,quindi, che nella maggior parte dei paesi avere un figlio influisce negativamente sulla quota del bilancio familiare proveniente dal reddito delle donne. Tuttavia le madri residenti nei paesi in cui il sostegno al reddito per i genitori è più alto, possono contare su altre fonti, quali ad esempio i benefici del congedo parentale, per compensare questo svantaggio. Per queste donne la penalità derivante dalla nascita di un figlio si manifesta esclusivamente in termini di reddito, e non, di entrate economiche. Per quanto riguarda invece i paesi in cui già di base la donna contribuisce in maniera inferiore al reddito familiare, la nascita di un figlio va meno ad incidere sulle dinamiche economiche familiari, e si riscontra un minor effetto di compensazione delle politiche del sistema previdenziale.

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Questo articolo apre dunque una prospettiva di studio interessante ed inesplorata, verso la quale ci sono ancora molti margini di indagine. Abbiamo visto come, in caso di diminuzione del reddito relativo della donna nella coppia alla nascita di un figlio, il sistema previdenziale nazionale possa contribuire a colmare il gap provvedendo a garantire entrate economiche alternative. Alcuni aspetti ancora inesplorati potrebbero assicurare una visione d’insieme più vasta del problema. Il primo è un confronto tra ciò che avviene in situazioni socioeconomiche diverse: recenti studi mostrano che la penalità dovuta alla maternità va ad incidere maggiormente sulle madri con stipendi inferiori, rispetto che sulle madri con stipendi alti.

Questo potrebbe far sì che a seconda della ricchezza del nucleo familiare ci siano dinamiche diverse alla nascita di un figlio. Il secondo aspetto prevede uno studio più approfondito del ruolo del partner in termini di caratteristiche socioeconomiche che concorrano a fondare il gap all’interno della coppia. Il terzo prevede che oltre alle politiche familiari strettamente economiche ce ne siano altre, ancora inesplorate, il cui ruolo può risultare determinante nel definire la penalità dovuta alla maternità. Infine un ultimo aspetto molto intrigante da valutare riguarda, a monte, la scelta del partner. Studi riguardanti le coppie statunitensi degli anni ottanta e novanta rivelano la tendenza degli americani a preferire la formazione di coppie in cui sia l’uomo a guadagnare di più. Questo si deve alla maggiore povertà delle famiglie in cui è la donna ad avere il reddito più alto e al maggior rischio di divorzio in queste famiglie.

Dopo aver capito che la penalità dovuta alla maternità può essere compensata grazie al contributo della previdenza nazionale, c’è dunque da capire quanto la sussistenza di un gap all’interno della coppia sia frutto della casualità, delle condizioni del mercato e quanto invece sia frutto di una scelta precisa.

Riferimenti:
Dotti Sani G.M. (2015) Within-Couple Inequality in Earnings and the Relative Motherhood Penalty. A Cross-National Study of European Countries, European Sociological Review, 2015, 1–16

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About Author

Sono Research Fellow all’Istituto Universitario Europeo a Firenze, dove mi occupo di traiettorie di genere nell’istruzione e nel mercato del lavoro in Germania. Nel 2013 ho ottenuto il dottorato di ricerca in Sociologia e Ricerca Sociale all’università di Trento: nella tesi dottorale mi sono occupata delle aspettative di istruzione delle prime e seconde generazioni di stranieri in Italia. Durante il dottorato ho collaborato con il Dondena Centre for Research on Social Dynamics, all’Università Bocconi di Milano. Infine partecipo ad un progetto di demografia storica dell’Universitá di Padova sulla mortalità infantile nel Veneto dell’Ottocento. Sono appassionata di scrittura, fotografia e arte.

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