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L’Italia è uno dei paesi europei con la più alta percentuale di NEET (Not in Education, Employment or Training), ovvero di ragazzi non impegnati nello studio, senza lavoro e non inseriti in un programma di formazione professionale.

I NEET sono giovani che hanno lasciato il sistema di istruzione e di formazione, hanno competenze inadeguate per i posti di lavoro disponibili, e sono scoraggiati dalla scarsa possibilità di un’occupazione adeguata. Solo in Grecia e Turchia ci sono più NEET che in Italia. La grande diffusione di questo fenomeno nel nostro paese è dovuta, da un lato, alle difficoltà a creare un ponte efficace tra istruzione o formazione e lavoro; dall’altro, alla dipendenza passiva dei giovani italiani dalle loro famiglie di origine, che, in assenza di politiche di welfare adeguate, diventano la loro sola rete di sicurezza sociale. I NEET, quindi, sono giovani che si appoggiano alla famiglia, e che non vedono prospettive di reinserimento né nel mercato del lavoro, né nel sistema educativo.

Sara Alfieri, assegnista di ricerca in psicologia all’università Cattolica del Sacro Cuore, e alcuni colleghi psicologi e statistici hanno di recente (2015) analizzato i dati del Rapporto Giovani 2011 dell’Istituto di Studi Superiori Toniolo e restituito un quadro completo dei NEET in Italia. Ne hanno descritto non solo le caratteristiche demografiche, ma anche la fiducia nelle istituzioni, il rischio di esclusione sociale, e la percezione del futuro. Il campione analizzato è composto da 8112 giovani italiani, di età compresa tra i 19 e i 29 anni. Tra questi il 37,3% è nel sistema scolastico, il 35,1% lavora, il 7,6% svolge entrambe le attività, mentre i NEET – cioè quelli che affermano che non sono coinvolti né in attività educative o formative né nel mondo del lavoro – corrisponde al 20% del campione.

ImprendiNews – Dott.ssa Alessandra Minello – CLIC

I NEET sono principalmente residenti nel Sud Italia, anche se a Nord si trovano molte delle donne NEET. Questo risultato rispecchia la disponibilità di posti di lavoro nel territorio italiano, che è notoriamente più favorevole nel Nord e Centro rispetto al Sud e le isole. Le donne NEET sono leggermente più vecchie in confronto alle loro pari nel mondo del lavoro o nell’istruzione, mentre per i maschi non ci sono distinzioni di età. Questo avviene perché le donne che lasciano il lavoro e gli studi, sono principalmente quelle che lo fanno per dedicarsi a tempo pieno alla cura dei figli. Per loro è particolarmente difficile reinserirsi nel mercato del lavoro, in assenza di politiche di conciliazione di attività di cura e occupazione.

I giovani, in generale, non hanno fiducia nelle istituzioni, e questa sfiducia è particolarmente forte tra i NEET, che ne rivendicano l’inadeguatezza nel migliorare le condizioni di istruzione e lavorative per le nuove generazioni. Questo punto di vista appartiene soprattutto ai giovani delle classi sociali più basse, le cui famiglie non riescono a compensare le carenze nel mercato del lavoro. La maggior parte dei NEET dichiara di essere alla ricerca di un’occupazione. In realtà, è difficile capire quanto questa ricerca sia attiva, attraverso, ad esempio, la raccolta di informazioni, l’invio di CV, la lettura di offerte di lavoro, o le richieste ad amici e conoscenti, o se sia solo una passiva attesa di un’offerta di lavoro. Alcuni di loro, il 12,3%, ammettono invece di aver rinunciato totalmente alla ricerca di un posto di lavoro, rischiando fortemente l’impoverimento e l’emarginazione sociale.

Solo uno su tre di questi sarebbe disposto a cercare nuovamente un’occupazione, uno su dieci si dice intenzionato ad accettare un’offerta di lavoro che rispecchi alcuni requisiti di qualità: salario, compatibilità con il proprio programma di studio, la distanza da casa. Per quanti hanno basse competenze e abilità, la buona volontà può non bastare per il reintegro nel mercato del lavoro: essere disoccupati per lunghi periodi di tempo riduce la probabilità di un reinserimento nel mercato del lavoro. I risultati di Alfieri e colleghi dimostrano, inoltre, che i NEET rispetto ai loro coetanei hanno poca fiducia nelle persone, vedono il futuro come pieno di incognite e attribuiscono maggior peso al presente che al futuro stesso. A deteriorarsi non è solo la loro vita economica, ma anche le loro reti sociali: i NEET sono un gruppo particolarmente a rischio di esclusione sociale. Sono poco coinvolti sia nelle attività di volontariato, sia in quelle politiche, specialmente i giovani provenienti da classi sociali basse.

Partecipare alle attività di impegno civico potrebbe essere per loro un modo per allargare la propria cerchia relazionale e di amicizie e offrire uno spazio in cui si può mettere in gioco le proprie abilità e conoscenze, ma i NEET rifuggono anche questo tipo di coinvolgimento. Sono pertanto giovani che si abituano alle condizioni sfavorevoli, sono disillusi rispetto alle istituzioni e non sono in grado di guardare al futuro con fiducia e speranza.

ImprendiNews – Dott.ssa Alessandra Minello – CLIC

Le conseguenze negative del quadro delineato hanno implicazioni sia sul piano individuale, sia sul piano globale. Se, da un lato, a perdersi è la capacità individuale dei giovani di raggiungere i propri obiettivi, dall’altro, a livello globale, a smarrirsi è il potenziale dei giovani di essere una risorsa per la crescita del Paese. Per risolvere il problema, sono necessarie politiche che favoriscano l’autonomia e l’iniziativa personale: rendere i giovani più dinamici e più responsabili, per migliorare la loro condizione nel mercato del lavoro, e meno vulnerabili al rischio di rimanere intrappolati in percorsi che portano ad un impoverimento del loro benessere economico e sociale. Politiche volte a ridurre i tassi di abbandono precoce della scuola, migliorare il collegamento tra i percorsi di formazione e l’ingresso nel mondo del lavoro, e, infine, politiche di conciliazione lavoro-famiglia sono fondamentali per evitare che i giovani lascino in maniera permanente il mercato del lavoro e l’istruzione e investano nel loro futuro e nelle loro reti sociali.

Sara Alfieri, Alessandro Rosina, Emiliano Sironi, Elena Marta e Daniela Marzana, Who are Italian “NEETS”? Trust in institutions, political engagement, willingness to be activated and attitudes toward the future in a group at risk for social exclusion, Rivista Internazionale di Scienze Sociali, 2015, 3: 285-306.

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About Author

Sono Research Fellow all’Istituto Universitario Europeo a Firenze, dove mi occupo di traiettorie di genere nell’istruzione e nel mercato del lavoro in Germania. Nel 2013 ho ottenuto il dottorato di ricerca in Sociologia e Ricerca Sociale all’università di Trento: nella tesi dottorale mi sono occupata delle aspettative di istruzione delle prime e seconde generazioni di stranieri in Italia. Durante il dottorato ho collaborato con il Dondena Centre for Research on Social Dynamics, all’Università Bocconi di Milano. Infine partecipo ad un progetto di demografia storica dell’Universitá di Padova sulla mortalità infantile nel Veneto dell’Ottocento. Sono appassionata di scrittura, fotografia e arte.

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