La lezione che ci può dare la vicenda della Grecia è che il dialogo ha un valore molto alto (anche finanziario).
Per dialogare e trovare un accordo, bisogna spesso mettersi al posto del nostro interlocutore. Ora la vicenda tra Grecia ed Europa mostra che chi rimane sempre sulle proprie posizioni non ha capito questo principio.
Se dovessi mettermi al posto del governo greco, cercherei di capire la stanchezza di un popolo che in questi anni ha visto ridurre ai minimi il suo potere d’acquisto e la sua sicurezza lavorativa e finanziaria. Questa forse è una delle ragioni principali del no al referendum.
Se dovessi mettermi al posto del governo tedesco, penserei che esso ritiene di dover mantenere il sistema della moneta unica al riparo da possibili stravolgimenti, perché da questa fedeltà al progetto iniziale deriva stabilità e sviluppo.
La posizione tedesca non è quindi una posizione contro la Grecia, ma a favore del rispetto delle regole in modo che tutti abbiano gli stessi diritti e gli stessi doveri. D’altro canto, la posizione della Grecia è quella di un popolo che vuole respirare un po’ dopo anni di privazioni.
Messa così, la situazione non ha niente di irrisolvibile. Se si evita di insultare o demonizzare gli interlocutori, è possibile giungere a un accordo parlando delle possibilità concrete. La Grecia è in una situazione difficile, e la Germania, in quanto paese più forte della zona Euro, cerca di mantenere la stabilità del sistema finanziario.
Ora è ovvio che un accordo è meglio che nessun accordo. Se non si riuscisse a trovare nessun accordo, vorrebbe dire che si è perso di vista l’ideale del progetto europeo, che è quello di includere e non di escludere.
La responsabilità in questo caso difficile è trovare un accordo che magari scontenti tutti, ma che almeno abbia il pregio di non spalancare la porta a scenari peggiori.
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