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Banda ultralarga, con essa arriverà veramente una condizione di equità per i consumatori?

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Dall’avvento dell’ADSL a oggi non si sono creati i presupposti di forniture eque ai consumatori. Vi sono discriminanti e penalizzazioni che gravano sulla qualità dei processi produttivi di aziende e liberi professionisti collocati in aree servite ancora oggi da ADSL preistoriche. La banda ultralarga darà la precedenza a chi oggi è svantaggiato?

Internet esiste grosso modo da 25 anni. L’ADSL è giunta dopo e si è evoluta negli anni e anche in funzione di servizi basati sull’utilizzo di Internet – quindi dell’ADSL – come vettore per giungere al cliente.

Nell’ambito di una fisiologica evoluzione del servizio abbiamo assistito a una iniquità relativa sia alla mancata disponibilità dell’ADSL in talune zone d’Italia quando già era necessaria e sia per le prestazioni che l’ADSL offre in molti, ma veramente tanti, comuni d’Italia con una bassa densità demografica.

Gli abitanti dei piccoli centri pensano che sia già una fortuna che sia giunta quella che un tempo era l’ADSL di base, l’ormai storica 640/280. Noi invece pensiamo che non sia corretto immaginare di essere serviti bene solo perché il servizio giunge. Noi pensiamo che il cliente del gestore sia servito bene quando l’ADSL che raggiunge il piccolo paese sia quantomeno parificata a quel minimo che oggi è necessario per non rinunciare all’utilizzo di molti servizi vincolati alla rete.

Attraverso l’Agenda Digitale e gli ultimi provvedimenti governativi saranno investiti in Italia nei prossimi 5 anni svariati miliardi di euro. Da quanto ci risulta gli investimenti che verranno fatti dovranno cancellare questa iniquità garantendo una completa copertura territoriale in base alle normative stabilite dall’Unione Europea.

In altre parole ci sarà sempre una disparità fra chi abita in un grande centro e fra chi risiede in un piccolo paese ma questa sarà ragionevole e sopportabile perché di base dovranno essere garantiti i 30 Mbps ai più svantaggiati, mentre invece i grandi centri, o quelli che si troveranno attraversati da importanti dorsali, raggiungeranno una capacità di banda di ben 100 Mbps.

C’è da augurarsi che nell’ambito dell’intero progetto si faccia, per la prima volta, un ragionamento contrario alle usuali leggi di mercato dando precedenza a chi sino a oggi ha utilizzato ADSL preistoriche. In altri termini ci auguriamo che i primi investimenti non interessino Milano, Torino, Roma o le altre metropoli italiane ma proprio i piccoli centri, quelli che sino a oggi hanno patito per un servizio completamente inadeguato ai tempi, inadeguato ma fatturato come se erogato per una ADSL di almeno 7 Mbps.

Se così non fosse bisognerebbe preventivamente promulgare un Decreto Legge che obblighi i gestori a fatturare il sevizio ADSL non in funzione del nome con cui l’hanno battezzato o con l’irreale capacità di banda bensì sull’effettiva capacità di trasmissione.
In altri termini: se una bolletta fattura 20 euro al mese per 7 Mbps il gestore dovrà ridurre proporzionalmente il costo di quei 20 euro facendo una proporzione con quanto riesce a garantire nei piccoli centri; con questo sistema chi verrà ancora una volta – speriamo di no – lasciato per ultimo pagherà il servizio ADSL qualche centesimo al mese ossia quello che esattamente vale oggi un servizio ADSL 640/280.

Consideriamo anche che nei piccoli centri c’è comunque una certa densità di impresa e vi operano anche liberi professionisti. Se il privato cittadino può rinunciare a un film in streaming perché la banda della sua ADSL non gli consente di vederlo l’imprenditore non può fare a meno di lavorare con l’ADSL. Una ADSL lenta equivale a maggiori costi per l’impresa. Quello che si riesce a fare con un’ADSL di almeno 7 Mbps e quello che invece è fattibile con un’ADSL di base è talmente differente da essere difficile da descrivere in forma scientifica se non si passa attraverso esempi concreti.

Parlando di esempi concreti prendiamo in considerazione l’aggiornamento di un sistema operativo. In un piccolo paese con una ADSL 640/280 occorrono dalle 7 alle 11 ore per scaricare la versione completa di un sistema operativo, ad esempio, Apple OS X. Siccome di giorno bisogna lavorare questa operazione la faremo di notte creando maggiore usura a un hardware tanto più se di natura portatile.
Un altro dramma sono i download o peggio gli upload che occorre fare per trasmettere a clienti e fornitori file di grandi dimensioni. Potremmo continuare con gli esempi ma a questo punto vi sarete resi conto che il trattamento che è stato riservato all’utenza – sempre italiana – dei piccoli centri ha reso in euro come l’utenza delle medie città ma ha beneficiato di un prodotto certamente non in linea con la qualità delle banconote con cui è stato comprato.

Forse ci è sfuggita la notizia o forse no. Sarebbe ora che una o più associazioni opranti a tutela dei consumatori iniziasse a esigere, anche su questo argomento, delle risposte chiare e delle garanzie prima che i progetti per cablare l’Italia vengano definiti.

Auguriamoci quindi che quanto annunciato sia reale e che il grande processo di adeguamento alla banda ultralarga – scusate la ridondanza – inizi proprio da quelle zone che oggi sono le più svantaggiate.

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