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Due studiosi italiani hanno analizzato il legame tra fiducia in sé, background familiare e scelte scolastiche.

Nella letteratura sociologica ed economica esistono numerose conferme riguardo alle differenze tra gruppi sociali in termini di scelte scolastiche e, conseguentemente, risultati nel mondo del lavoro. I figli di genitori con molte risorse hanno solitamente risultati migliori e raggiungono più spesso alti livelli di istruzione, mentre per i figli di genitori con poche risorse economiche e culturali è più raro avere carriere scolastiche e lavorative ad alti livelli. Le diversità, inoltre, non solo esistono già quando i bambini sono molto piccoli, ma vanno anche a crescere con il passare degli anni e la permanenza nel sistema scolastico. Oltre alle risorse e ai modelli comportamentali offerti dai genitori ai figli, secondo alcuni autori esiste una componente genetica che viene tramandata di generazione in generazione ed aiuta i figli di genitori avvantaggiati a rimanere tali: si tratta delle cosiddette “abilità non cognitive”, ovvero di tratti della personalità quali ad esempio fiducia in se stessi, motivazione, persistenza o gestione del tempo.
È proprio sulla fiducia in se stessi che Antonio Filippin, dell’Università degli Studi di Milano, e Marco Paccagnella, di OECD e Banca D’Italia, focalizzano la loro attenzione, con l’obiettivo di capire quanto questa sia dovuta al background familiare ed incida sulle scelte di istruzione dei giovani. I due autori partono dall’idea che i genitori, trasmettendo ai figli modelli comportamentali e di ruolo, tramandano agli stessi anche una certa dose di fiducia nelle proprie capacità, che dipende dalla loro posizione sociale e prescinde dalle capacità stesse dei figli. Il livello di autostima tramandato dai genitori va poi ad incidere sulle scelte educative, ed ha quindi un effetto a lungo termine, contribuendo ad allargare la forbice nell’accumulazione di capitale umano (conoscenze e competenze) tra gruppi sociali diversi.

ImprendiNews – Dott.ssa Alessandra Minello – CLIC

Il background socioeconomico, quindi, secondo Filippin e Paccagnella, non ha solo un’incidenza sulle abilità cognitive possedute in maniera innata o sulle risorse materiali e culturali a disposizione dei figli, ma anche su alcune abilità e capacità non osservabili, come ad esempio la fiducia in sé stessi. A sua volta, come conferma la letteratura, la fiducia in se stessi è influenzata dal background familiare in cui un bambino cresce: i più svantaggiati avranno bassa autostima, i più avvantaggiati avranno maggiore autostima. Questo va ad unirsi alla conoscenza imperfetta che tutti i ragazzi hanno delle proprie abilità, che determina l’incapacità oggettiva di definire il proprio livello di competenze e di basare su di esso le proprie scelte scolastiche. Gli autori indagano specificamente il legame tra autostima e background familiare, utilizzando i dati PISA 2006, ovvero informazioni sui ragazzi di 15 anni provenienti da diversi paesi, con famiglie differenti, e analizzandone le performance scolastiche, la fiducia in sé stessi e le scelte educative.

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Filippin e Paccagnella mostrano che il legame tra background familiare e fiducia in sé stessi è forte e sopravvive anche includendo nelle analisi le variabili che catturano le capacità scolastiche reali e osservate. Queste ultime abbassano, ma non eliminano, il legame tra autostima e background familiare, in quanto catturano non solo le abilità innate, ma anche il gap in capitale umano accumulato negli anni. Per verificare questo legame gli autori propongono delle simulazioni che riproducono una situazione di totale razionalità, ovvero simulano le scelte legate alla carriera scolastica, a seconda delle abilità percepite, di quelle reali, e del background familiare. L’analisi di Filippin e Paccagnella consiste proprio nell’esaminare queste scelte, e mostrare che esse vengono distorte a seconda della sopravvalutazione o sottovalutazione delle proprie capacità, che a loro volta sono determinate dall’appartenenza ad un alto o basso background socioeconomico e prescindono dal fatto che con il tempo gli studenti riescano a valutare in maniera più oggettiva le proprie capacità. Sottovalutarsi spinge, dunque, a fare scelte penalizzanti. La trasmissione intergenerazionale dell’autostima può costituire, quindi, insieme alle risorse economiche e culturali, un ulteriore canale attraverso cui le differenze socioeconomiche si tramandano da una generazione all’altra. Due studenti con le stesse capacità faranno scelte diverse a seconda del livello di fiducia in se stessi, che a sua volta dipende dalla loro famiglia di origine.

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Per concludere, dalle analisi di Filippin e Paccagnella emerge chiaramente che finché il background familiare sarà correlato con la fiducia in sé stessi, questo costituirà un canale attraverso cui il divario nei risultati scolastici e nei guadagni economici si perpetrerà di generazione in generazione e aumenterà nel tempo, anche quando subentreranno altri fattori rilevanti nelle scelte quali la qualità della scuola e degli insegnanti, o le caratteristiche dei compagni di classe. Gli autori, infine, suggeriscono l’importanza di politiche che allo scopo di garantire la mobilità intergenerazionale, provvedano a dare a tutti i ragazzi, e soprattutto a quelli con basso background socioeconomico, delle misure oggettive delle proprie capacità, sulle quali fondare, o ricalibrare la propria autostima. Questo farebbe sì che bambini dotati dello stesso talento non facciano scelte diverse solo perché hanno ereditato dai genitori convinzioni diverse e sbagliate riguardo al proprio potenziale.

Filippin Antonio e Marco Paccagnella, 2012, Family background, self-confidence and economic outcomes
In Economics of Education Review, 31:824– 834

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About Author

Sono Research Fellow all’Istituto Universitario Europeo a Firenze, dove mi occupo di traiettorie di genere nell’istruzione e nel mercato del lavoro in Germania. Nel 2013 ho ottenuto il dottorato di ricerca in Sociologia e Ricerca Sociale all’università di Trento: nella tesi dottorale mi sono occupata delle aspettative di istruzione delle prime e seconde generazioni di stranieri in Italia. Durante il dottorato ho collaborato con il Dondena Centre for Research on Social Dynamics, all’Università Bocconi di Milano. Infine partecipo ad un progetto di demografia storica dell’Universitá di Padova sulla mortalità infantile nel Veneto dell’Ottocento. Sono appassionata di scrittura, fotografia e arte.

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