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CLIC – Italiani, immigrati e lavoro

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Partendo da un film che mostra uno scenario surreale in cui spariscono dall’Italia tutti gli immigrati e usando dati nazionali e internazionali, rifletto sulla percezione degli italiani riguardo a immigrati e lavoro.

Nel 2011 uscì in Italia un film di Francesco Patierno, con, tra i protagonisti Diego Abatantuono, Valentina Lodovini e Valerio Mastrandrea. Il film, intitolato “Cose dell’altro mondo” e ambientato nel Veneto industrializzato, presentava uno scenario surreale in cui, in una notte di temporale, dopo una preghiera dell’industriale Mariso Golfetto (Abatantuono), sparivano tutti gli immigrati presenti in città. I protagonisti si trovavano a dover affrontare le conseguenze di questa sparizione: fabbriche chiuse per mancanza di operai, anziani senza badanti che non sapevano come gestire la loro quotidianità, ospedali sovraffollati per l’assenza di infermieri e altri disservizi dovuti alla mancanza di personale.
Da quel momento tutti in paese si rendevano conto dell’importanza della presenza degli immigrati nel territorio. Questo film, che nell’intenzioni del regista, voleva essere uno spunto di riflessione sull’importanza dell’integrazione, sollevò, di fatto, una serie di polemiche da parte dei politici e cittadini veneti, in quanto la loro regione veniva presentata come portatrice di un razzismo diffuso.

Trailer film “Cose dell’altro mondo” del regista Francesco Patierno:

La rappresentazione che “Cose dell’altro mondo” dà degli Italiani e del loro rapporto con gli immigrati, è ironica e talvolta esagerata, ma rispecchia il ritratto che i media tendono a proporre del razzismo italiano: l’avversione verso la presenza di numerosi immigrati nel nostro territorio e il rapporto conflittuale tra necessità del loro contributo lavorativo e paura della loro presenza.
In questo articolo propongo una serie di statistiche e riflessioni sulle attitudini degli italiani nei confronti degli immigrati presenti nel paese. Nel prossimo numero della rubrica, completerò l’argomento “italiani, lavoro e immigrazione”, presentando alcune informazioni sull’impatto degli immigrati sull’economia nazionale.

Visto l’aumento negli ultimi anni dell’immigrazione verso il nostro paese, l’ISTAT nel 2012 ha elaborato un report di ricerca per capire quale fosse la percezione degli italiani rispetto ai nuovi arrivati.
Dal report emerge un quadro di contraddizioni negli atteggiamenti verso gli immigrati. Quasi il 60% degli interpellati riconosce che essi vengono discriminati e il 70% ammette che per i nuovi arrivati è più difficile trovare un lavoro, ottenere una promozione, avere una casa in affitto. Allo stesso tempo è molto alta la percentuale di quanti ritengono ingiuste le discriminazioni (ad esempio l’88.7% ritiene sbagliato che un lavoratore venga trattato male dai colleghi solo in quanto immigrato).
Gli intervistati sono stati interrogati anche sulle conseguenze della presenza degli immigrati sul mercato del lavoro. Il 63% si dichiara d’accordo sul fatto che essi siano necessari, “per fare il lavoro che gli italiani non vogliono fare”. In linea con la stessa affermazione, il 65% degli intervistati non è d’accordo che gli immigrati tolgano lavoro agli italiani (Figura 1). Queste risposte parlano di una visione degli stranieri come di forza lavoro utile per le mansioni poco qualificate, che gli italiani non accettano più di dover svolgere, nelle quali vengono sostituiti dagli stranieri. La loro presenza viene, comunque vista tendenzialmente come vantaggiosa. Solo il 16% del campione vede nell’impatto della presenza degli immigrati sull’economia degli svantaggi, mentre la maggioranza (52%) trova sia vantaggi sia svantaggi e il 32% vede solo vantaggi.

Figura 1. Persone dai 18 ai 74 anni per grado di accordo con alcune affermazioni per singola affermazione (Anno 2011, valori percentuali, Report ISTAT: I migranti visti dai cittadini).

ImprendiNews – Immigrati, grafico

Gli immigrati sono necessari per fare il lavoro che gli italiani non vogliono fare.

Nonostante percepiscano come vantaggiosa la presenza degli immigrati, 2/3 degli intervistati pensano che gli stranieri nel nostro paese siano troppi e il 43% pensa che i politici si prendano cura troppo degli immigrati e non abbastanza degli italiani. L’ISTAT propone inoltre due interessanti spunti di riflessione, sottolineando che le posizioni più estreme in termini di avversione alla presenza degli immigrati sono quelle espresse da parte degli anziani (ultra sessantaquattrenni), mentre appaiono più moderate quelle dei giovani tra i 18 e i 34 anni, così come le donne, specialmente le più giovani, sono più moderate rispetto agli uomini. Ad esempio, al crescere dell’età, cresce la percentuale di quanti si dichiarano d’accordo con l’affermazione: “In condizioni di scarsità di lavoro, i datori di lavoro dovrebbero dare la precedenza agli italiani rispetto agli immigrati” (Figura 2). I giovani dimostrano di apprezzare maggiormente la società multiculturale nella quale sono immersi e sono più propensi a ritenere che la presenza degli immigrati sia positiva perché permette un confronto con altre culture (66% dei 18-34enni contro il 51% degli over 64).

Figura 2. Persone dai 18 ai 74 anni per accordo con l’affermazione “in condizioni di scarsità di lavoro, i datori di lavoro dovrebbero dare la precedenza agli italiani rispetto agli immigrati” per classe di età (Anno 2011, per 100 persone della stessa classe d’età, Report ISTAT: I migranti visti dai cittadini).

ImprendiNews – Immigrati, grafico

Dai dati ISTAT emerge un quadro che rappresenta, soprattutto i meno giovani, come inclini a vedere gli immigrati come una presenza necessaria dal punto di vista economico più che da quello culturale. Vediamo come si pone l’Italia rispetto a questo atteggiamento, in un confronto con altre nazioni europee. Nel 2008-2009 a Bielefeld, in Germania, è stato condotto, dall’Istituto di Ricerca interdisciplinare su Conflitto e Violenza un progetto di ricerca europeo, che ha coinvolto otto paesi tra cui l’Italia e che, tra i vari aspetti trattati, considera anche il rapporto tra nativi, immigrati e lavoro. Per ogni paese è stato intervistato telefonicamente un campione di mille persone al di sopra dei 16 anni, a cui è stata chiesta un’opinione rispetto alla presenza degli immigrati nei rispettivi paesi. L’Italia è un paese di recente immigrazione: i dati ufficiali riferiscono che gli immigrati nel nostro paese sono il 7.4% della popolazione (dato ISTAT al primo gennaio 2013), una percentuale inferiore rispetto a quella di molti paesi europei (Figura 3).

Figura 3. Immigrati in Europa (al 1 Gennaio 2012), elaborazione personale dati Eurostat.

ImprendiNews – Immigrati, grafico

Sebbene, come visto la percentuale di immigrati in Italia non sia così cospicua, dai risultati dell’indagine tedesca (Tabella 1) emerge che gli italiani, più degli altri intervistati percepiscano una troppo massiccia presenza degli immigrati nel loro paese (62.5% contro, ad esempio, il 40.3% dei francesi).
Nonostante ciò meno di un terzo degli italiani si sente straniero nella propria nazione, sentimento che invece caratterizza il 45.8% degli intervistati residenti in Gran Bretagna. Gli italiani interpellati confermano la loro tendenza a sostenere che la priorità vada data ai nativi quando il lavoro è scarso, insieme a Portogallo, Polonia e Ungheria, e contrariamente a Francia e Olanda, in cui la percentuale di favorevoli è più contenuta.
Inoltre il campione italiano si dimostra, insieme a quello ungherese, fanalino di coda quando si tratta di riconoscere agli immigrati il loro essere un arricchimento per la cultura del paese, seppure la percentuale di accordo superi il 60%. Infine, gli intervistati italiani, riconoscono, più di quelli degli altri paesi, un contributo importante degli immigrati all’economia. Questi risultati sono in linea con quelli presentati dall’ISTAT e ci vedono propensi a riconoscere agli immigrati un ruolo di supporto all’economia, ma confermano la tendenza a relegarli in una posizione subordinata ai nativi. Purtroppo, non è presente in questa ricerca europea una stratificazione del campione per età. Pertanto non è possibile vedere quanto le risposte varino a seconda dell’età degli intervistati.

Tabella 1. Opinioni anti-immigrati per paese europeo di residenza, percentuali di accordo (Intolerance, Prejudice and Discrimination: A European Report).

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Lascio al mio prossimo articolo, che sarà pubblicato mercoledì 5 novembre, una riflessione d’insieme sul rapporto tra italiani, immigrati e lavoro, concludo qui con alcuni spunti di riflessione.
Dai dati presentati emerge una visione degli immigrati come una risorsa, nel momento in cui vengono a coprire i ruoli che gli italiani non vogliono più coprire, ma anche una spiccata propensione a favorire i nativi, e mettere gli immigrati in secondo piano, quando le risorse sono scarse.
Il fatto che l’immigrazione in Italia sia un fenomeno recente, porta con sé la novità che spaventa, la paura della diversità, il timore che i nuovi arrivati inducano ad una perdita dell’identità nazionale. Il fatto, inoltre, che questi nuovi arrivi siano coincisi con un periodo di crisi economica, aumenta la tendenza ad un atteggiamento di protezione nei confronti della scarsità di risorse. Ma la crisi non può essere una giustificazione ad un atteggiamento discriminatorio. La paura del diverso è in realtà sintomo di un’identità nazionale non così forte o radicata, non è una novità infatti che l’Italia sia già di per sé un crogiolo di culture, dialetti e usanze diverse. Il fatto che tra i giovani sia meno robusta questa visione utilitaristica apre ad un futuro di maggiore accoglienza. L’argomento “giovani e immigrazione” meriterebbe maggiore approfondimento, posso qui soltanto dire che le nuove generazioni si trovano a confrontarsi con una realtà (in particolare quella scolastica) che è già di per sé basata sulla condivisione di spazi, idee e momenti con gli stranieri che non sono visti come altro da sé, ma come parte integrante della quotidianità. Per questo motivo, sono più i giovani che gli anziani a vedere negli immigrati una risorsa anche culturale.

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About Author

Sono Research Fellow all’Istituto Universitario Europeo a Firenze, dove mi occupo di traiettorie di genere nell’istruzione e nel mercato del lavoro in Germania. Nel 2013 ho ottenuto il dottorato di ricerca in Sociologia e Ricerca Sociale all’università di Trento: nella tesi dottorale mi sono occupata delle aspettative di istruzione delle prime e seconde generazioni di stranieri in Italia. Durante il dottorato ho collaborato con il Dondena Centre for Research on Social Dynamics, all’Università Bocconi di Milano. Infine partecipo ad un progetto di demografia storica dell’Universitá di Padova sulla mortalità infantile nel Veneto dell’Ottocento. Sono appassionata di scrittura, fotografia e arte.

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