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La nascita di un figlio è legata al tipo di contratto di lavoro di mamma e papà?

Con la diffusione dei contratti di lavoro precari è diventato più difficile per i giovani italiani raggiungere l’agognato traguardo del posto fisso. L’instabilità occupazionale influisce su molte delle scelte di vita tra cui quella di avere il primo figlio.
La prima nascita tende ad essere posticipata al momento in cui si ha una posizione lavorativa stabile, lasciando al contempo un minor arco di anni fertili per avere i figli successivi.
Allo stesso tempo, la maggior partecipazione delle donne al mercato del lavoro ha messo in crisi la tradizionale suddivisione dei compiti che vedeva l’uomo dedito al lavoro e la donna ad occuparsi esclusivamente della casa.
Sebbene sia chiaro che in quasi tutti i paesi industrializzati sia calato il numero medio di figli per donna, ciò che risulta ancora non ben definito è, in realtà, il rapporto tra questo indicatore e la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro. Sin dagli anni ’80, infatti, ad avere il maggior numero di figli sono le donne dei paesi in cui la presenza femminile nel mercato del lavoro è maggiore.

Lavoro precario e maggiore presenza femminile nel mondo del lavoro hanno portato ad un mutamento delle dinamiche di coppia e al modificarsi dei fattori da considerare nella scelta di avere o meno dei figli. Di questo cambiamento parlano Daniele Vignoli, Sven Drefahl e Gustavo De Santis in un articolo del 2012 pubblicato su Demographic Research1.

Il caso italiano è, secondo i tre studiosi, particolarmente interessante per molti motivi: la partecipazione delle donne al mercato del lavoro è ancora relativamente scarsa, e ad aggiungersi a questo, negli ultimi anni c’è stata una crescente instabilità lavorativa da parte degli uomini. Per i giovani italiani è sempre più difficile trovare lavoro, è ancora più difficile trovare un posto fisso.
Allo stesso tempo l’Italia è un paese contraddittorio, in cui il supporto istituzionale per le madri lavoratrici è tradizionalmente modesto, il lavoro part-time è raro, gli orari lavorativi sono rigidi, la disponibilità di asili nido è scarsa e, in generale, sono pochi gli aiuti statali per la cura dei bambini, specialmente per i più piccoli.

Vignoli, Drefahl e De Santis si sono chiesti quali siano le conseguenze dell’instabilità lavorativa sulla decisione di avere dei figli. Usando i dati EU-SILC 2004-2007, hanno definito l’effetto della precarietà del lavoro – in termini di tipo di contratto dei due membri della coppia – sulla fertilità nell’Italia contemporanea. I risultati indicano che le coppie italiane fanno le loro scelte procreative tenendo presente la loro situazione economica e le prospettive lavorative future.

Un alto reddito di entrambi i membri della coppia è correlato ad un aumento della probabilità di avere il primo figlio, ciò significa che le coppie più “ricche” possono permettersi di avere un figlio più delle coppie “povere”. L’impatto del reddito dell’uomo è molto più forte rispetto a quello della donna, a prescindere dalla durata del suo contratto di lavoro. Questo risultato conferma che il benessere economico della famiglia in Italia dipende ancora principalmente dalla situazione lavorativa degli uomini, ed è cruciale per la decisione di avere il primo figlio.
Più in generale, l’Italia si trova in una situazione mista: qui le coppie non sono né completamente tradizionali né del tutto moderne. Il partner di sesso maschile con un lavoro ben pagato è ancora cruciale nel determinare le decisioni di fertilità, probabilmente perché dà una sensazione di (relativa) sicurezza economica. Ma questa tipologia di famiglia, con l’uomo unico capofamiglia, è sempre meno diffusa.

Sempre più spesso, entrambi i partner partecipano al mercato del lavoro e, in questo caso, le caratteristiche delle loro occupazioni si dimostrano importanti per definire le loro scelte riguardanti la nascita dei figli. L’occupazione stabile di entrambi i partner è associata ad una maggiore fertilità, mentre l’instabilità di uno solo dei membri della coppia incide negativamente sulla nascita dei figli. I risultati suggeriscono che la fertilità è più bassa quando ad avere un contratto a tempo determinato è l’uomo, anche quando la sua compagna ha un contratto a tempo indeterminato.
Per queste coppie la probabilità di avere un primo figlio è di circa un sesto rispetto a quella delle coppie in cui entrambi i partner hanno un lavoro stabile. Un rischio significativamente più basso di fertilità si trova anche per le coppie nella situazione opposta: quando la donna è occupata con un contratto a tempo determinato e il partner maschile ha un posto fisso la probabilità di avere un bambino è superiore rispetto a quando è lei ad essere occupata stabilmente.

In generale questi risultati suggeriscono il ruolo cruciale della capacità economica dell’uomo italiano sulle scelte di fecondità e suggeriscono che la fertilità possa diminuire ulteriormente, se continua a vacillare il ruolo degli uomini come capifamiglia.
Il calo della fertilità, in passato spiegato attraverso le caratteristiche del welfare italiano, il familismo, i bassi livelli di sostegno statale alla cura dei bambini e le difficoltà delle donne nel conciliare lavoro e vita familiari, ora viene spiegato anche attraverso la crescente incertezza economica delle giovani coppie italiane.
I risultati di questo articolo suggeriscono che fino a quando la situazione economica generale non migliorerà, le prospettive di una ripresa della fertilità in Italia resteranno critiche.

1Vignoli D., Drefahl S., De Santis G. (2012)Whose job instability affects the likelihood of becoming a parent in Italy? A tale of two partners, Demographic Research, 26(2): 41-62

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About Author

Sono Research Fellow all’Istituto Universitario Europeo a Firenze, dove mi occupo di traiettorie di genere nell’istruzione e nel mercato del lavoro in Germania. Nel 2013 ho ottenuto il dottorato di ricerca in Sociologia e Ricerca Sociale all’università di Trento: nella tesi dottorale mi sono occupata delle aspettative di istruzione delle prime e seconde generazioni di stranieri in Italia. Durante il dottorato ho collaborato con il Dondena Centre for Research on Social Dynamics, all’Università Bocconi di Milano. Infine partecipo ad un progetto di demografia storica dell’Universitá di Padova sulla mortalità infantile nel Veneto dell’Ottocento. Sono appassionata di scrittura, fotografia e arte.

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