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Concentrandosi su lavoro, formazione di un nuovo nucleo familiare e possesso della casa, Sonia Bertolini e Marianna Filandri, docente e assegnista all’Università degli Studi di Torino, analizzano similitudini e differenze nella transizione alla vita adulta tra i giovani residenti nei paesi del Sud Europa.

La transizione alla vita adulta è definita nella letteratura demografica e sociologica come il passaggio attraverso cinque soglie: fine degli studi, ingresso nel mercato del lavoro, uscita dalla famiglia di origine, formazione di un nuovo nucleo familiare e nascita del primo figlio.

In uno studio pubblicato nella rivista Sociologia del Lavoro, Sonia Bertolini e Marianna Filandri (Università di Torino) analizzano la relazione esistente tra tipo di contratto di lavoro, avere o meno un partner e essere proprietari o affittuari di una casa, per definire le modalità di transizione all’età adulta in quattro paesi del Sud Europa. Le autrici utilizzano i dati del 2011 dell’European Union Statistic on Income and Living Conditions (Eu-Silc) studiando Grecia, Italia, Spagna e Portogallo, concentrandosi sui giovani di età compresa tra i 18 e i 39 anni. Il focus su lavoro, il titolo di godimento della casa e le dinamiche relazionali di coppie e single nasce dalla volontà di analizzare il maggior numero di aspetti tra loro correlati e relativi alla transizione all’età adulta, considerando anche l’incidenza su questi di politiche sociali nazionali, tenendo conto di situazioni strutturali non identiche tra i paesi.
Per quanto riguarda il lavoro, ad incidere sulla transizione alla vita adulta è soprattutto la mancanza di un lavoro, o la possibilità di accedere a lavori a tempo indeterminato.

Periodi di disoccupazione, discontinuità di reddito e lavoro atipico, infatti, determinano il posticipare della formazione di una nuova famiglia. Il Sud Europa è in generale caratterizzato dall’assenza di ammortizzatori o tutele sociali, che rendono difficile la programmazione della carriera e lasciano i giovani in balia dell’incertezza. La situazione dei giovani non è però identica tra i paesi del Sud Europa.

La disoccupazione giovanile è, infatti, maggiore in Grecia, in cui si attesta quasi al 50%, in Spagna è al 40%, in Portogallo al 28,5% e in Italia al 29,6%, secondo i dati OECD 2011. I giovani greci solo nel 20% dei casi hanno un lavoro atipico, diversa è la situazione negli altri paesi, in cui il 40% dei giovani in Italia, contro il 49% degli spagnoli e il 47% dei portoghesi ha un contratto atipico.
Il lavoro atipico, insieme alla disoccupazione, crea una forte distinzione tra insider e outsider, ovvero tra chi ha un lavoro sicuro e gode di vantaggi e protezione sociale e chi, invece, rimane escluso da questa protezione e fatica maggiormente a crearsi l’autonomia indispensabile per la transizione alla vita adulta. Un ruolo importante nel creare le condizioni indispensabili all’autonomia viene giocato anche dalle politiche di welfare. Nei paesi del Sud Europa il welfare è poco generoso con i giovani: non c’è un sussidio di disoccupazione per chi cerca il primo lavoro o per chi non ha già avuto contratti stabili, il supporto è delegato alle famiglie di origine, dalle quali ci si aspetta solidarietà e obbligazioni familiari e intergenerazionali lungo tutto il corso della vita.
Un ulteriore elemento a sfavore della transizione è certamente il mercato immobiliare denotato nel sud Europa, e soprattutto in Italia da una forte rigidità, dalla scarsità di case a buon mercato, dalla difficoltà di accedere ad un mutuo per l’acquisto di una casa, in contrasto con una cultura familiare molto orientata verso l’acquisto della casa anche da parte delle giovani coppie.

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È di tutti questi fattori che Sonia Bertolini e Marianna Filandri tengono conto nella loro analisi sul lavoro, casa e famiglia e sulle strategie che i giovani del Sud Europa adottano nel processo verso la vita adulta. I dati mostrano somiglianze tra gli stati del Sud Europa, sebbene la Grecia si dimostri il paese con maggiori difficoltà sia a livello lavorativo sia abitativo: i greci sono più spesso soggetti a disoccupazione e hanno maggiore probabilità di essere in affitto piuttosto che essere proprietari delle abitazioni in cui risiedono dopo aver lasciato la casa dei genitori. In generale nei paesi considerati i giovani tendono ad essere nella maggior parte dei casi: occupati in lavori stabili, avere una casa di proprietà ed essere in coppia, ma mentre per gli uomini sono frequenti i casi di lavoro stabile abbinato a casa non di proprietà e vita in coppia, per le donne è invece molto diffusa la condizione di disoccupazione, vita di coppia e casa di proprietà o in affitto.

A determinare la possibilità di lasciare la casa dei genitori è sicuramente il fatto di avere o meno un’occupazione, l’associazione tra disoccupazione e permanenza nella casa dei genitori è, infatti, forte in tutti i paesi analizzati, mentre allo stesso tempo le occupazioni stabili aumentano le chance di vivere in case di proprietà, e di essere in coppia. I giovani del Sud Europa, inoltre, ritardano l’uscita dalla casa dei genitori per trovare una buona occasione lavorativa, accumulano risorse in modo da permettersi una migliore sistemazione abitativa, quando danno vita alla transizione.

Ad arricchire questi risultati vi è nell’articolo di Bertolini e Filandri una considerazione particolarmente interessante sul ruolo della famiglia di origine nel favorire la transizione dei figli alla vita adulta. La spinta dei genitori verso la transizione avviene attraverso due canali: il primo riguarda la possibilità dei giovani di rimanere a vivere con le famiglie di origine fino a quando trovano una buona occasione lavorativa e hanno la possibilità di accumulare risparmi per l’acquisto di una casa di proprietà, il secondo riguarda il sostegno economico dato ai figli quando lasciano la casa dei genitori. Pur avendo informazioni non complete sulle donazioni intergenerazionali, le due autrici possono contare su indicazioni dettagliate sugli aiuti economici regolarmente ricevuti dai giovani da parte dei genitori.
A sostenere molto i figli anche quando escono di casa, sono in particolare le famiglie greche, in cui ad essere aiutate non sono prevalentemente le figlie femmine come negli altri paesi, ma i maschi. A ricevere in maggior misura gli aiuti dei genitori sono, anche negli altri paesi, quelli che si trovano in una situazione di debolezza: disoccupati, in affitto e single. I genitori, pertanto, svolgono un ruolo fondamentale nel favorire la transizione dei figli attraverso le soglie che segnano il passaggio alla vita adulta.

Per concludere è importante sottolineare quanto la transizione alla vita adulta sia simile tra i paesi del Sud Europa, con dei picchi di difficoltà per le giovani generazioni greche. Per tutti, la transizione risulta fortemente determinata dalla possibilità di accedere ad un lavoro di tipo continuativo e permanente, che va a sua volta ad incidere sulla possibilità di possedere una casa di proprietà, ed, infine, dall’aiuto da parte della famiglia di origine.

Riferimenti:
Berolini S. e Filandri M. (2015) Lavoro, casa e famiglia: le strategie formali e informali dei giovani adulti nel Sud Europa, Sociologia del Lavoro, 139: 13-28.
Una versione gratuita e preliminare del lavoro, a cui fa riferimento questo articolo, è scaricabile qui.

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About Author

Sono Research Fellow all’Istituto Universitario Europeo a Firenze, dove mi occupo di traiettorie di genere nell’istruzione e nel mercato del lavoro in Germania. Nel 2013 ho ottenuto il dottorato di ricerca in Sociologia e Ricerca Sociale all’università di Trento: nella tesi dottorale mi sono occupata delle aspettative di istruzione delle prime e seconde generazioni di stranieri in Italia. Durante il dottorato ho collaborato con il Dondena Centre for Research on Social Dynamics, all’Università Bocconi di Milano. Infine partecipo ad un progetto di demografia storica dell’Universitá di Padova sulla mortalità infantile nel Veneto dell’Ottocento. Sono appassionata di scrittura, fotografia e arte.

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