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Uno studio di Elena Pirani e Silvana Salvini (Università di Firenze) rivela l’effetto negativo dei contratti precari sulla salute dei lavoratori, specialmente su quella delle giovani donne.

Negli ultimi anni i lavoratori italiani, soprattutto i più giovani, si sono trovati a dover firmare sempre più spesso contratti di lavoro temporanei. Si va dai contratti a progetto, a quelli a tempo determinato, passando per i contratti di lavoro occasionale.
Queste nuove e vecchie formule hanno portato con sé un aumento dell’instabilità lavorativa e, come dimostrato in un recente studio di Elena Pirani e Silvana Salvini, un deteriorarsi della salute percepita da parte dei lavoratori.
Le due studiose, utilizzando i dati Eu-Silc 2007 e 2010 per l’Italia, dimostrano infatti il nesso causale tra avere un contratto di lavoro di tipo temporaneo e definire il proprio stato di salute come “scarso” piuttosto che come “buono o ottimo”. Dai loro risultati emergono indicazioni interessanti: innanzitutto dimostrano non solo che c’è una relazione tra forma di contratto di lavoro e salute percepita, ma anche che questa relazione è di tipo causale. Ciò significa che avere un contratto di lavoro temporaneo porta con sé un effetto negativo sulla salute percepita. Inoltre, questi effetti sfavorevoli tendono ad essere particolarmente forti quando la condizione di precariato si prolunga nel tempo.
Se ad un contratto di lavoro temporaneo succede un contratto fisso, e questa successione avviene in un arco di tempo di un anno, gli effetti negativi scompaiono. Infine, il legame tra tipo di contratto e salute si dimostra estremamente forte e sfavorevole per le donne e molto meno per gli uomini.
La metà delle donne lavoratrici italiane sono, secondo i dati Eu-Silc, segretarie, impiegate, commesse o insegnanti nella scuola primaria. Queste professioni si caratterizzano non solo per alta precarietà, ma anche per basso prestigio e salario ridotto. Inoltre, ad essere soggetti a lavori di tipo temporaneo sono prevalentemente (50% dei casi) i giovani sotto i 35 anni ed in particolare le donne. Proprio rispetto a questo punto, le autrici tentano di spiegare i loro risultati.

L’interpretazione che Pirani e Salvini danno alla notevole differenza di genere riscontrata nella loro ricerca è la seguente: esistono tre meccanismi che agiscono distintamente per uomini e donne e rendono la connessione tra lavoro e salute più forte per le seconde. Il primo meccanismo deriva dalle divisioni verticali e orizzontali che caratterizzano il mercato del lavoro in Italia.
Sono ancora poche le donne che lavorano e sono loro ad avere molto spesso, come detto in precedenza, lavori di tipo temporaneo, con basso prestigio e scarso salario. Mentre per gli uomini i contratti temporanei possono essere semplicemente un primo passaggio verso una posizione lavorativa stabile, le donne rischiano maggiormente di rimanerne intrappolate nella precarietà. È questo il primo motivo per cui l’insoddisfazione lavorativa e l’insicurezza del posto di lavoro hanno conseguenze più negative sulla salute percepita delle lavoratrici.

Un secondo meccanismo a loro svantaggio è che i contratti temporanei agiscono indirettamente sulla quantità di tempo da dedicare ai lavori di cura. In Italia, si sa, il lavoro di cura grava principalmente sulle spalle delle donne. Questo comporta che avendo lavori precari non solo sono soggette ad apprensione per trovare di volta in volta una nuova occupazione, ma si trovano anche a dover ristabilire continuativamente, con le difficoltà che ne conseguono, il tempo da dedicare al lavoro di cura.
Questo stato di stress può comportare un peggioramento della salute percepita. Infine, legato al punto precedente è anche il terzo meccanismo. Per le donne più che per gli uomini diventa difficile, in caso di lavoro temporaneo, bilanciare il tempo dedicato al lavoro, alla famiglia e alla vita privata, con conseguenze sul loro stato psicofisico. Questo è principalmente difficile per le giovani, le quali sono, come visto, le più soggette a lavori di tipo temporaneo.
In conclusione, il contributo delle autrici sul tema del lavoro è particolarmente importante e innovativo. I risultati qui riportati dimostrano infatti, per la prima volta con dati italiani, che il lavoro precario non solo porta con sé delle conseguenze a livello economico e di qualità della vita, ma ha anche effetti sulla salute fisica dei lavoratori. Inoltre, nella loro ricerca, Pirani e Salvini offrono una dettagliata spiegazione dei motivi per cui questi effetti si dimostrano essere particolarmente negativi per le lavoratrici, facendo riferimento al contesto sociale italiano.

Riferimenti: Elena Pirani, , Silvana Salvini (2015) “Is temporary employment damaging to health? A longitudinal study on Italian workers” in Social Science & Medicine, 124:121–131.
Una versione gratuita a cui fa riferimento questo articolo è scaricabile come Disia Working Paper, 08/2014.

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About Author

Sono Research Fellow all’Istituto Universitario Europeo a Firenze, dove mi occupo di traiettorie di genere nell’istruzione e nel mercato del lavoro in Germania. Nel 2013 ho ottenuto il dottorato di ricerca in Sociologia e Ricerca Sociale all’università di Trento: nella tesi dottorale mi sono occupata delle aspettative di istruzione delle prime e seconde generazioni di stranieri in Italia. Durante il dottorato ho collaborato con il Dondena Centre for Research on Social Dynamics, all’Università Bocconi di Milano. Infine partecipo ad un progetto di demografia storica dell’Universitá di Padova sulla mortalità infantile nel Veneto dell’Ottocento. Sono appassionata di scrittura, fotografia e arte.

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